Ricordo ancora la prima volta in cui ho accompagnato in questo percorso di consapevolezza una cliente, da allora sono trascorsi almeno 10 anni.

Una collega omeopata mi contatta per chiedermi se ho piacere di accogliere una sua cara amica e paziente che con la medicina tradizionale e l’omeopatia non aveva trovato beneficio. Acconsento, a quell’epoca lavoravo principalmente con i fiori di Bach.

Il primo contatto telefonico per spiegarmi la situazione e fissare un appuntamento è stato difficile in quanto piangeva ininterrottamente.

Arriva in studio per il consulto e anche in quell’occasione si esprime a fatica, il suo dolore fluisce insieme a fiumi di lacrime ed un cestino pieno di kleenex.

Ammetto, oltre che all’amorevole accoglienza, in quel momento mi sono sentita impotente.

Dopo 45 minuti di ascolto arriva l’intuizione e le porgo la prima domanda: “cosa ti dà piacere”? Risposta: l’acqua, amo fermarmi vicino ai corsi d’acqua, in particolare al fiume.

La invito allora a chiudere gli occhi, a fare un respiro profondo e le chiedo: “se tu dovessi spostare la tua tristezza dalla testa in qualsiasi altra parte del corpo, dove la trasferiresti?”.

Lei risponde: nella pancia!

In quel momento il suo pianto si interrompe ed il colloquio prosegue così:

Questa tristezza ha una forma?

Sì, assomiglia ad un sasso

Dimensione?

Prende tutta la pancia

Colore? Grigio

Peso? Pesantissimo!

Se visualizzi attentamente questo sasso, cosa ci vedi dentro?

In quel momento riesce a descrivere con distacco le situazioni “pesanti” della sua vita

Allora le chiedo se vuole trattenere il sasso nella pancia

La risposta è un deciso no!

… allora… immagina di essere seduta in riva al fiume, prendi il sasso con le mani e lo metti nell’acqua, a questo punto cerca di percepire una sensazione di grande fiducia che l’acqua si occuperà di levigare e rimpicciolire il sasso e lasciar andare la tua tristezza.

Ogni volta che questa emozione si ripresenterà, chiudi gli occhi, respira e ripeti il processo.

Come ti senti ora?

Serena

E la tua pancia?

Sento un grande vuoto

A quel momento le preparo una miscela di oli essenziali da massaggiare delicatamente sull’addome, immaginando di riempire quell’apparente vuoto con l’energia del sole.

Le preparo anche un boccettino di fiori di Bach per consolidare il lavoro fatto.

L’ho accompagnata ancora per qualche consulto, ma da quel giorno è riuscita dopo tanto tempo a riprendere in mano la sua vita.

Da quel giorno in avanti potrei raccontare decine di aneddoti simili.

Volutamente non ho chiamato la sofferenza di questa donna depressione ma tristezza. Non sono medico, non faccio diagnosi, mi occupo di emozioni con la consapevolezza che spesso la malattia giunge perché non abbiamo ascoltato un’emozione che urlava a gran voce dentro di noi. Le abbiamo dato un nome e la nostra mente l’ha tenuta in ostaggio finché non l’abbiamo ascoltata con il cuore, spostata nel corpo e lasciata andare con amore.